Benvenuti
a Pompei, uno dei siti archeologici più grandi del mondo, città distrutta due volte. La prima una estate del 79,
quando una nuvola di fumo e cenere uscita dal Vesuvio in eruzione
ricoprì la città e i suoi abitanti. La seconda volta ad opera di
una amministrazione inefficiente, con la sua carenza strutturale di
fondi, strutture burocratiche che ostacolano le decisioni, ma sono
anche insieme al sito che li ospita , il simbolo di un paese stanco e
indebitato fino al collo.
Ci vantiamo difronte al mondo di avere metà del patrimonio archeologico dell'umanità, ma non abbiamo un soldo per occuparcene. Tutti questi mali sono condensati in Pompei, si potrebbe dire che Pompei e il malato più sorvegliato d'Italia, ma non per questo il più curato.
Ci vantiamo difronte al mondo di avere metà del patrimonio archeologico dell'umanità, ma non abbiamo un soldo per occuparcene. Tutti questi mali sono condensati in Pompei, si potrebbe dire che Pompei e il malato più sorvegliato d'Italia, ma non per questo il più curato.
Passando
tra le sue vie e un po come scoprire una periferia degradata. Ovunque
si vedono pietre cadute, buchi nei muri, intonaci sul punto di
staccarsi, colonne fuori asse sul punto di cadere, “Una città in
pericolo di vita”. E non basta arrivare con un secchio di cemento
Per riparare una colonna o un mosaico. Per ogni crollo che finisce
sulle prime pagine di un giornale ve ne sono 9 di cui non parla
nessuno, Pompei è anche questo. Ma è un posto
con un forte potere simbolico, perché qui si sente il richiamo del
passato, che ti rivela segreti e racconta storie, qui si trova
identità, la qualità che fa la differenza non genericità, perché
dà la possibilità e il privilegio, ad un viaggiatore arrivato
dall’altra parte del mondo vedere un posto unico.
Il
rosso pompeiano diventa più pallido, le colonne pendono, l'antica
malta diventa sabbia. Oramai funziona così, si aspetta che la
colonna cada o il muro ceda, finché quel giorno qualcuno forse si
deciderà a metterla a posto.
I
mosaici si stanno rovinando, alcuni sono in parte ricoperti di guano,
il più famoso ( attenti al cane ) sta scomparendo sotto la polvere e
l’effetto del sole.
Visitare
Pompei significa anche addentrarsi nella tecniche di restauro che si
sono susseguite nel secolo scorso : dal cemento armato degli anni 50,
passando alle Putrelle in acciaio degli anni 70, per arrivare ai
pilastri ecologici in legno negli anni 90…passando dalle lamiere
ondulate al vetro. La sensazione e quella che i vari responsabili
abbiano fatto un po quello che volevano senza nemmeno lo sforzo di
pensare a qualcosa di più duraturo e globale.
Il
restauro del teatro antico , dove troviamo le tribune rifatte su una
base di cemento armato in barba a tutte le regole della conservazione
artistica sono esileranti.
Questi
spazi ci accusano, ci interrogano, ci pongono domande su immagini che
non parlano ma non sono mute, sono silenziose ma vogliono essere
ascoltate. Sono problemi vecchi come la questione meridionale. I
grandi lavori fruttano più dei piccoli. Per molti Pompei e meglio
che rimanga in uno stato critico, in questo modo si può ottenere
soldi per ogni crollo mostrato in tv o sui giornali…il restauro di
Pompei non finirà mai
...ultima
riflessione su un sito unico nel suo genere è la sensazione di
smarrimento che provoca il continuo susseguirsi di questi edifici,
che distruggono e sfuggono a un universo apparentemente regolare e su
cui il tempo non sembra far presa, introduce un senso di malinconia.
Non sono immagini che trasmettono particolari sentimenti di rivolta,
piuttosto di nostalgia, di dolce tristezza. Constatare una condizione
irrimediabile, ma senza fornirci il finale della storia.
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